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Gallette e candele

 

 

Piccoli Imputati

Curiosando tra antiche sentenze genovesi

 

GALLETTE E CANDELE

 

(Sentenza del 27 febbraio 1863)

 

 

PROTAGONISTI

Francesco R., di anni 12, nato a San Cipriano, dimorante a Genova in Via Santa Sabina

Agostino Firpo, pristinaio

Giovanni Luciani, proprietario del Bazar del Popolo in Via Giulia (attuale Via XX Settembre)

 

LUOGHI

Genova – Bazar del Popolo in Via Giulia (attuale Via XX Settembre)

 

REATO

Furto

 

DATE

22 agosto 1862 – 9 dicembre 1862

 

 

         La vicenda riguarda un furto commesso da un ragazzo di appena dodici anni, di nome Francesco R.; vale la pena riportare esattamente i capi di imputazione mossi dalla Sezione Correzionale del Tribunale del Circondario di Genova; “furto di venticinque gallette del peritato valore di lire due commesso nel mattino del 22 agosto 1862 in questa città a danno del pristinaio Agostino Firpo”; “furto d’un pacco [di] candele steariche del peritato valore di lire una commesso in questa città nella sera del 9 dicembre 1862 di Luciani Giovanni proprietario del Bazar del Popolo posto in via Giulia”.

         Dalle dichiarazioni dello stesso imputato rese nel procedimento, dalla lettura dei verbali e dalle deposizioni dei testi risultava provato il reato ascritto al Francesco R.

         Il Tribunale riteneva inoltre accertato il fatto che Francesco R., pur minore degli anni quattordici, avesse agito con discernimento; conseguentemente, con la sentenza datata 27 febbraio 1863, statuiva quanto segue: “Dichiara R. Francesco convinto dei reati a lui ascritti commessi in età minore degli anni quattordici agendo con discernimento” […] “condanna a sei mesi di custodia indennità e spese. Manda restituirsi al signor Luciani le candele sequestrate

         Dagli elementi a disposizione non è possibile risalire alle motivazioni che avrebbero potuto spingere Francesco R. alla commissione del duplice furto.

         Il valore non eccelso della merce rubata e la tenera età del ragazzo potrebbero far ritenere configurabile una semplice “ragazzata”; peraltro la reiterazione del reato di furto, a distanza di quasi quattro mesi, evidenzia comunque una certa propensione a delinquere da parte del reo.

         Nella fattispecie colpisce la celerità e la severità con cui si è mossa la macchina della giustizia, nonostante il ragazzo come detto avesse solo dodici anni; come emerge dalla sentenza, infatti, egli risultava detenuto dall’11 dicembre 1862, quindi due giorni dopo la commissione del secondo furto, era stato rimesso davanti al Tribunale con ordinanza del Giudice Istruttore del 29 gennaio 1863 e, come si è appena visto, era stato condannato il mese successivo.

         D’altronde il Codice Penale Sardo a quel tempo vigente prevedeva l’imputabilità anche nei riguardi dei soggetti infraquattordicenni, purché fosse provato il discernimento (come è appunto stato provato nella fattispecie); per fare un parallelo con l’ordinamento giuridico attuale, si consideri che l’art. 97 del Codice Penale attualmente vigente dispone che “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni”.

         Allora, evidentemente, i giovani sotto i quattordici anni – che oggi chiameremmo ragazzini - erano considerati già maturi e responsabili; si consideri del resto che molti di loro a quell’età erano già avviati ad un’attività lavorativa: nella fattispecie, peraltro, a differenza di altri casi, non è specificata la “professione” del ragazzo (forse Francesco R. si è messo a rubare perché, senza lavoro e senza guadagno, versava in una situazione di povertà? potrebbe essere un’ipotesi suggestiva, ma nulla più, a proposito del movente, che come detto in precedenza risulta sconosciuto).

 

 

 

Fonte:

Archivio di Stato di Genova, Sentenze del Tribunale Penale di Genova, 2

 

 

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