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Padre e figlio

 

 

Piccoli Imputati

Curiosando tra antiche sentenze genovesi

 

 

PADRE E FIGLIO

(Sentenza del 21 dicembre 1863)

PROTAGONISTI

Lorenzo Gotelli, di anni 42, abitante in Genova in Carignano, lavorante pavimenti alla veneziana

Gio’ Batta Gotelli, di anni 13, nato a Salette mandamento di Varese, abitante a Genova con il padre

Luigi Ponte, testimone

 

REATO

Oziosità

 

         La sentenza in oggetto, come molte altre dello stesso periodo, tratta un caso di oziosità (presunta, come si vedrà); anche in questo caso risultano imputati, sia pure a titolo diverso in ragione della diversa posizione, un padre ed un figlio, nella fattispecie Lorenzo Gotelli e Gio’ Batta Gotelli (quest’ultimo di età pari a tredici anni).

         Il primo, come recita il capo di imputazione, è stato accusato di aver contravvenuto all’atto di sottomissione passato davanti al Giudice di Polizia di questa città il 16 aprile 1863 che gli imponeva di bene educare e di invigilare nella condotta del proprio figlio Gio’ Batta non avendo invece alla prescrizione stessa ottemperato”.

         Il figlio Gio’ Batta Gotelli è stato imputato perché, sebbene sano e robusto e sprovveduto di mezzi di sussistenza avrebbe continuato a menare da detta epoca una vita oziosa senza darsi a stabile professione, arte o mestiere”.

         Le accuse non trovavano peraltro riscontro nel corso del procedimento; dalle risultanze di causa emergeva infatti che “il Lorenzo Gotelli non sarebbe contabile del reato a lui ascritto avendo fornito sufficienti elementi di fatto per ritenere che esso ha procurato di educare e di invigilare alla condotta del suo figlio Gio’ Battista con tutti i mezzi per lui possibili (…) quindi esulerebbe a suo riguardo la prova del reato stesso, motivo per cui il Pubblico Ministero avrebbe ritirato l’accusa”.

         Per quanto riguardo il figlio Gio’ Battista, era emerso “in fatto che esso sarebbe alimentato dal proprio padre, e che nella quindicina di giorni antecedenti al suo arresto avrebbe lavorato presso il testimone Luigi Ponte; che quindi mancherebbero nella fattispecie due estremi per costituire il reato di oziosità a lui ascritto. Né osta che il Ponte abbia dichiarato che il Gio’ Batta Gotelli abbia lavorato presso di lui ad intervalli antecedentemente alla quindicina predetta, perché ciò deve attribuirsi alla sua leggerezza di mente come dichiarò all’udienza il di lui padre”.

         Per tali motivi il Tribunale del Circondario di Genova – Sezione Correzionale – con sentenza resa il 21 dicembre 1863 dichiara il Lorenzo e Gio’ Batta padre e figlio Gotelli non convinti del reato loro rispettivamente ascritto e perciò li rimanda assoluti senza costo di spese. Ordina il rilascio dal carcere del Gio’ Batta Gotelli quando non vi sia trattenuto per altro reato”.

         Nonostante l’assoluzione concessa dal Tribunale, il tredicenne Gio’ Batta Gotelli ha quindi subito la detenzione in carcere: agli occhi della mentalità odierna, colpisce – forse sarebbe meglio dire: indigna- il fatto che un ragazzo di appena tredici anni sia stato detenuto per un periodo di più di tre mesi in carcere (nell’intestazione della sentenza, come detto resa il 21 dicembre 1863, si legge infatti che il ragazzo è detenuto dal 5 settembre 1863) in relazione ad un’accusa per un reato dai contorni piuttosto vaghi come quello di oziosità, accusa per di più successivamente dimostratasi infondata.

         In qualche modo e per sua fortuna, comunque, Gio’ Batta Gotelli è riuscito a dimostrare le proprie ragioni: decisive si sono rivelate in tal senso le testimonianze resa dal teste Luigi Ponte, presso il quale il ragazzo avrebbe lavorato nei quindici giorni precedenti all’arresto, e dallo stesso padre Lorenzo.

         Quest’ultimo, a giustificazione del fatto che il figlio Gio’ Batta avrebbe lavorato presso il teste Luigi Ponte (non è peraltro specificata l’attività esercitata), solo “ad intervalli”, ha sostenuto che il ragazzo sarebbe affetto da leggerezza di mente: non è chiaro se tale leggerezza sia dovuta all’immaturità magari legata all’età ancora giovane o invece a vere e proprie patologie, tali da incidere notevolmente sull’attività lavorativa.

         Resta il fatto che la buona volontà che il ragazzo è riuscito a dimostrare è stata comunque valutata positivamente dal Tribunale.

 

 

 

Fonte:

Archivio di Stato di Genova, Sentenze del Tribunale Penale di Genova, 5

 

 

 

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