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Sette secoli dal 18 febbraio 1318

 

 

SETTE SECOLI DAL 18 FEBBRAIO 1318

 

         Il documento più antico conservato tra le carte del monastero di San Gerolamo della Cervara compie 700 anni. Si tratta dell’impegno di tre frati (Giovannino, Luchino e Guglielmo) a vivere insieme al servizio di Dio presso l’eremo di Sant’Antonio di Niasca sul Monte di Portofino.

 

         Nell’Archivio di Stato di Genova si conservano i documenti relativi al monastero di San Gerolamo della Cervara, sito nella Riviera ligure di Levante, nelle vicinanze di Portofino. Il promotore dell’istituzione monastica fu Lanfranco di Ottone, cappellano di Santo Stefano di Genova, il quale agì sotto l’impulso dell’arcivescovo di Genova Guido Sette, rispettando così una tradizione prebenedettina secondo la quale i vescovi erano sostenitori della vita contemplativa1.

         Il cenobio ebbe un periodo di grande popolarità nel XV secolo, unendosi alla congregazione di Santa Giustina di Padova; in seguito la sua storia proseguì cambiando varie volte l’ordine monastico di appartenenza e subendo soppressioni. Attualmente l’edificio è proprietà privata.

         La consistenza della serie archivistica, appartenente al fondo Archivio Segreto a partire dal numero 1529, è di 25 unità, le quali abbracciano un arco temporale che va dal XIV al XVIII secolo.

         I documenti, redatti su pergamena e su carta, sono di varia tipologia comprendendo vendite, donazioni, testamenti, arbitrati, procure, documenti pontifici ed altri di diversa natura.

         Le carte si presentano per lo più in originale, ma non mancano copie autentiche e copie semplici; tranne poche eccezioni ogni documento è redatto da un notaio diverso. Tra le date topiche si segnalano la Cervara stessa, Chiavari, Genova, Niasca, Portofino e Rapallo.

 

         Gli atti dell’archivio del monastero trattano prevalentemente questioni relative al patrimonio.  Scrive infatti Valeria Polonio: “E’ più facile essere informati della consistenza patrimoniale di un monastero che non sulla sua quotidianità religiosa e disciplinare: il fatto è che l’evento economico è eccezionale e contestabile e quindi va documentato nel presente e per il futuro; la vita di tutti i giorni al momento è scontata, non viene registrata e perciò non lascia tracce, a meno che non intervenga qualche elemento insolito a illustrarla, o più facilmente, a turbarla”2.

          Alcuni documenti non riguardano in modo diretto la Cervara; per esempio proprio il documento del 18 febbraio 1318 che attesta un evento che può essere definito un antefatto della futura esperienza monastica. Il luogo scelto per il progetto di vita in comune dai tre frati è Niasca, a pochissimi chilometri dal luogo della Cervara, in cui sorge una cappella dedicata a Sant’Antonio Abate, padre del monachesimo3.

         Gli altri documenti, non espressamente legati al monastero, sono confluiti nell’archivio della Cervara probabilmente nel momento in cui un bene veniva acquistato o ricevuto con una donazione.

 

 

 

 

1 Cfr. G. PencoStoria del monachesimo in Italia. Dalle origini alla fine del medioevo, Jaca Book, Milano, 1988, p. 41.

            2 V. Polonio, Tra Universalismo e localismo: costruzione di un sistema (569-1321) in “Il cammino della Chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni”, a cura di D. Puncuh, Genova,  Società Ligure di Storia Patria, 1999, p. 169.

            3 Cfr. L. Gatti, Repertorio dei monasteri liguri. Diocesi di Chiavari in “Liguria Monastica”, Cesena, 1979, p. 80.

 

 

 

Monastero della Cervara sul Monte di Portofino

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