IL TESTAMENTO DI FRATE ANDREA
3 febbraio 1348: le ultime volontà del priore della chiesa di Sant’Antonio di Niasca sul Monte di Portofino
A 30 anni dall’inizio della vita comunitaria nell’eremo di Niasca, il priore frate Andrea redige il testamento, impegnandosi affinché la chiesa non amitat res et raciones suas. La prima disposizione del frate riguarda il corpo che dovrà essere sepolto proprio nella sua chiesa. Seguono i lasciti consistenti in una tunica nuova e una vecchia, un mantello nuovo, un pelizonum, un lenzuolo e una libbra di olio.
L’atto continua con un elenco di creditori del religioso: Andrea di Portofino, Oberto del fu Manuele, Antonio de Carvaro e la moglie di Giacomo, fabbricante di candele genovese.
Ben più lunga la lista dei debitori, alcuni dei quali hanno lasciato oggetti come pegno, con la precisazione che tutto il dovuto appartiene alla chiesa di Sant’Antonio.
Tra quanti dovranno restituire denaro o cose si segnalano gli eredi del fu Manuele, Gregorio Maraboto, Opizzino de Carvaro, Obertino de Carvaro del fu Giovanni, Angelo de Guirardo di Portofino, Vescunte de Fago di Portofino, Antonio de Iugo, Iacobo (barbiere di Portofino), Franceschina (moglie di Rolando Guereli), Francesco (barbiere di Portofino), Neneta (figlia di Aretha di Portofino), Serelia (moglie del fu Nicola), Giorgio de Stacilo di Portofino, Ianino de Carvaro di Portofino, Percivale de Forte.
Tra gli oggetti lasciati in pegno a frate Andrea figurano unum epitogium scarleti (una veste da mettere sopra la toga di panno rosso di qualità), medium speonum (arnese da pesca), un lenzuolo, sette palmi di butana (stoffa per fodere), alcuni ferri, presumibilmente da muratore, e un piccone di ferro.
Il frate continua segnalando alcune sue proprietà custodite da altri tra cui un’imbarcazione, due barili di sardine e un calice d’argento; quest’ultimo presso Ianino, speziario a Genova, in Fossatello.
Per concludere viene stilato un elenco di quanto il religioso possiede presso Sant’Antonio di Niasca; tra gli altri oggetti sono presenti tre strapunte (materassi), una schiavina (veste con maniche corte e cappuccio), tre lenzuola, attrezzi e una rete per la pesca, due barili di sardine, una giara di olio e una botte di vino.
L’atto termina con la nomina degli esecutori testamentari: Francesco (ministro della chiesa di San Michele di Rapallo), Daniele (ministro della chiesa di San Nicola di Rivarolo di Genova) e Gregorio (ministro delle chiese di Portofino).
Fonte
Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, 1529
Nota bibliografica
S. Aprosio, Vocabolario ligure storico-bibliografico sec. X-XX, Savona, 2002
Ch. Du Cange, Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, Niort, 1886
E. Pandiani, Vita Privata genovese nel Rinascimento, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, XLVII, Genova, 1915
Il portale dell'eremo di Sant'Antonio di Niasca sul Monte di Portofino