Ottobre 1995: San Rocco a Pedemonte

 

Tracce di Pedemonte

 

 

 

OTTOBRE 1995: SAN ROCCO A PEDEMONTE

 

Nell’Archivio Parrocchiale di Pedemonte di Serra Riccò (Genova) sono conservati alcuni documenti che rievocano un fatto di straordinaria importanza avvenuto il 15 ottobre 1995, quando i resti del corpo di San Rocco giungevano a Pedemonte presso il Santuario a lui dedicato, per sostarvi un paio di giorni.

Per comprendere come si era arrivati a tale memorabile evento, occorre prendere le mosse dal contenuto di un articolo scritto da Enrico Tantucci pubblicato sul giornale “La Nuova Venezia” del 24 settembre 1995: si apprende che in occasione del settimo centenario della nascita di San Rocco, che ricorreva in quell’anno, la Curia di Venezia aveva disposto presso la chiesa locale a lui dedicata l’apertura dell’urna che custodisce le spoglie del Santo e la ricomposizione dei pochi resti del suo corpo (lo scheletro era infatti largamente incompleto, come era risultato da un’indagine approfondita condotta da una commissione formata da esperti antropologi).

Compiuta questa operazione, la Curia di Venezia, conoscendo la diffusa devozione per San Rocco nel territorio ligure, procedeva a prestare le preziose reliquie alla Diocesi di Genova per una “tournée religiosa” (come scrive Tantucci) in una decina di chiese intitolate al Santo.

Il programma della “peregrinazione” (questo forse il termine più appropriato), come risulta da un depliant illustrativo, prevedeva nel periodo compreso tra il 28 settembre e il 16 ottobre 1995 soste nelle chiese di Sturla, Recco, Principe, Molassana, Trensasco, Terrile di Uscio, Camogli, Gazzolo e Prà; la tappa conclusiva, prima del rientro a Venezia, era stabilita proprio a Pedemonte, precisamente nei giorni 15 e 16 ottobre 1995.

In vista dell’arrivo del corpo del Santo, l’allora Arcivescovo di Genova Dionigi Tettamanzi scriveva una semplice ma intensa nota pastorale rivolta direttamente ai fratelli e sorelle della Comunità Parrocchiale di Pedemonte, nella quale esprimeva innanzitutto il suo rammarico per non poter essere fisicamente presente a quel “momento di grazia” e la contestuale vicinanza nel cuore; dopo tale premessa, sollecitava i fedeli ad invocare con fiducia San Rocco per la guarigione dei tanti mali fisici e spirituali nel mondo nonché ad imitarlo nella strada del dono di se stessi per amore degli ammalati e dei sofferenti, nella testimonianza del “Vangelo della carità”.

L’Arcivescovo concludeva ricordando queste bellissime parole di Gesù: “Ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Si arrivava così al grande giorno per la comunità di Pedemonte.

Dunque - come efficacemente illustrava Giuseppe Litigio in un articolo pubblicato sul “Settimanale Cattolico” del 31 ottobre 1995 - alle ore 17,22 di quella domenica 15 ottobre 1995, a bordo di un automezzo, l’urna con le reliquie di San Rocco arrivava presso il piazzale davanti alle Scuole Medie, accolta dalle autorità civili e religiose, nonché da una grande folla in trepidante attesa, composta da circa cinquemila persone; dopo gli squilli di tromba, la banda intonava l’inno a San Rocco, mentre le campane suonavano a distesa in un’atmosfera di grande gioia, emozione e commozione: molti, tra i presenti, non riuscivano a trattenere le lacrime.

Dopo alcune brevi preghiere, l’urna veniva portata processionalmente nel Santuario di San Rocco, dove alle ore 18 veniva celebrata la solenne celebrazione eucaristica presieduta da Monsignor Luigi Noli (scomparso nel gennaio 2015).

Nell’omelia (il cui testo è disponibile in uno scritto conservato nell’archivio parrocchiale, al pari delle omelie pronunciate da Monsignor Grone e da Don Ridella nelle Sante Messe del giorno seguente) Monsignor Noli, dopo avere esordito rimarcando ai fedeli l’eccezionalità dell’evento in corso, si produceva in una puntuale e documentata disamina del significato del culto delle reliquie dei santi, precisando che esso, espressamente autorizzato ed anzi promosso dalla Chiesa nel concilio di Trento, non deve però confondersi con l’adorazione, da riservarsi esclusivamente a Dio.

Monsignor Noli formulava inoltre alcune riflessioni sulla corporeità e sulla dignità del corpo, assumendo come riferimento e modello proprio la figura di San Rocco, che “del suo corpo ne ha fatto uno strumento di salvezza, di grazia, di santità, espresse nel modo più sublime, che è la carità”.

Monsignor Noli esortava i fedeli ad andare a Gesù Cristo, il quale, “per poterci ridare il nostro corpo, ha inventato una cosa: l’Eucaristia”. Rivolgendosi poi in particolare ai giovani presenti, così si esprimeva: “si gioca facilmente col corpo, finché si è in primavera, come si gioca con le piante e con i fiori. Attenti! Se questo corpo lo conservate col carisma della grazia, ve lo ritroverete glorioso. Magari consumato nella carità e nel lavoro e nella sofferenza. Ma lo ritroverete”.

Monsignor Noli concludeva l’omelia invocando direttamente San Rocco, con la manifestazione del desiderio di imitarlo, e con la lode a Gesù Cristo.

Nonostante lo spessore dei temi trattati e la solennità del momento, non mancavano nell’omelia alcuni passaggi più lievi: esempio di ciò è l’invito a quanti intendessero recarsi a Venezia a lasciar perdere la gondola “che vi viene il mal di mare” (proprio così si esprimeva nei confronti dei fedeli!) e a non limitarsi a vedere la celeberrima chiesa di San Marco, ma a visitare anche il complesso della chiesa e della Scuola Grande di San Rocco.

 

Anche la meditazione contenuta nell’omelia pronunciata da Monsignor Grone nella Santa Messa delle ore 9 del 16 ottobre 1995 era imperniata sull’umanità di San Rocco, “diventata veicolo della grazia di Dio, della sua umanità che si è messa a disposizione del Signore” e sull’importanza del nostro corpo, attraverso il quale Dio entra in noi. Proprio come è successo a San Rocco, attraverso le cui membra Dio è entrato ed uscito.

Monsignor Grone concludeva l’omelia con un ringraziamento a Dio, per il dono concesso a lui e ai fedeli presenti di essere davanti al corpo di San Rocco a 700 anni dalla sua nascita.

La successiva Santa Messa delle ore 10 e 30 veniva celebrata da Don Ridella; al centro della sua riflessione si poneva la contemplazione della santità: “tutte le volte che noi contempliamo le meraviglie della santità della Chiesa, dei suoi Santi, noi contempliamo l’amore, la presenza di Gesù; contemplando le meraviglie di San Rocco, nel settecentesimo anniversario della sua nascita, noi diciamo la grandezza, l’amore, il cuore di Gesù”.

Don Ridella esprimeva inoltre il ringraziamento a Dio per avere donato alla Chiesa San Rocco ed esortava i fedeli a vivere il Vangelo dell’amore e della carità, richiamandosi espressamente alle parole dell’Arcivescovo di Genova.

Dall’articolo di Giuseppe Litigio, citato in precedenza, è anche possibile risalire ad un passaggio dell’omelia pronunciata da Monsignor Binini, Vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, nella celebrazione conclusiva della “peregrinatio”: “Siamo pellegrini tutti, come Rocco di Montpellier, pellegrini in attesa di raggiungere la meta ed esprimiamo nel canto questo nostro desiderio e viviamo nel canto la nostra speranza. Diciamoglielo al Signore che noi lo ringraziamo della fede che ci ha dato e a San Rocco, nostro Patrono, noi chiediamo il grande dono del paradiso di mantenerci nella fede dei nostri padri”.

Fra gli altri interventi di cui fa cenno Giuseppe Litigio si segnala quello di un esponente del Sermig (Servizio Missionario Giovani), in rappresentanza del fondatore Ernesto Oliviero, il quale formulava un pensiero particolare per i giovani, spesso privi di punti di riferimento, per poi aggiungere che “senza preghiere, senza la lettura della parola di Dio, senza una profonda unione con il Signore, non hai nulla da dire. E allora non ce la si fa e si molla tutto”. Proprio sulla preghiera si fonda infatti l’intensa attività svolta dal Sermig in favore dei poveri e dei bisognosi.

Tra i documenti conservati nell’archivio c’è anche il breve discorso finale pronunciato dall’allora Parroco di Pedemonte Don Michele Repetto, contenente i ringraziamenti verso quanti avevano collaborato all’evento a vario titolo ed in particolare verso il Vescovo di Massa e Pontremoli. Oltre a ciò, il Parroco provvedeva a tracciare un breve bilancio, nel quale in particolare riscontrava la grande partecipazione e la grande emozione vissuta in quei due giorni dalla comunità parrocchiale.

A conclusione della “peregrinatio”, il Parroco invitava i fedeli ad apprendere il linguaggio della carità, che si fa intendere da tutti, proprio sul modello di San Rocco.

L’urna con le reliquie di San Rocco partiva da Pedemonte alle ore 21,53 del 16 ottobre 1995, per tornare alla volta di Venezia (anche questa dettagliatissima informazione è assunta dal più volte citato articolo di Litigio). Seguiva poi una importante appendice: una delegazione della Parrocchia nei giorni successivi, precisamente il 19-20-21 ottobre 1995, si sarebbe infatti recata in pellegrinaggio a Venezia sulle orme di San Rocco, per poi essere ricevuta dal Patriarca Marco Cé.

L’importanza di questo evento è attestata dunque dal notevole afflusso di fedeli con riferimento sia alle varie celebrazioni eucaristiche sia ai momenti riservati alla preghiera e alla venerazione del corpo del Santo (si segnala che il Santuario era rimasto appositamente aperto per tutta la notte tra il 15 e il 16 ottobre), dalla rilevanza dei celebranti (fra i quali, come si è visto, era compreso anche un Vescovo) e degli ospiti intervenuti; ad ulteriore conferma dell’importanza dell’evento, si segnala che anche il quotidiano “Il Secolo XIX” vi dedicava spazio, precisamente a pagina 22 dell’edizione di sabato 14 ottobre 1995: nel breve articolo, intitolato “Cerimonie a Serra Riccò”, si illustrava il programma di massima, cominciando dal previsto intervento di Ernesto Oliviero (poi sostituito da altro esponente del Sermig, come si è detto in precedenza) la sera di quel sabato, per terminare con la Messa solenne delle ore 20 del successivo lunedì 16 ottobre 1995.

Tuttavia, lo spessore dell’evento qui evocato è dato soprattutto dal suo significato spirituale, considerata la plurisecolare devozione della comunità di Pedemonte verso San Rocco; anche a tale proposito si ritiene opportuno richiamare le parole di Giuseppe Litigio (con le quali si conclude) nell’articolo pubblicato sul “Settimanale Cattolico”, che esprimono -molto sinteticamente ma anche molto efficacemente- la sostanza di quanto è davvero accaduto a Pedemonte nei giorni 15 e 16 ottobre 1995: “il venerato corpo di San Rocco, il Santo Patrono, il Santo Protettore, il Santo tante volte invocato e pregato tornava a Pedemonte, là dove, poco meno di sette secoli addietro, si era fermato da pellegrino, sanando e beneficando”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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