Ricordando Matteo e Marino

 

RICORDANDO MATTEO E MARINO

 

Memoria di due giovani vittime della strada a Cogoleto (Genova) nel novembre 1946

 

         Giungendo a Cogoleto da levante lungo la via Aurelia, subito prima di entrare nel centro abitato, si scorge lungo il muraglione di destra, lato monte, un arco chiuso lasciato libero dall’edera presente tutt’intorno. In questo spazio un’imponente croce murata sovrasta una lapide alla memoria di Matteo Bianchi di Alfredo di anni 13 e Marino Valletta di Armando di anni 12, ed una data, il 4 novembre 1946, senza ulteriori indicazioni.

         Dalla semplice lettura del testo non è quindi possibile capire che cosa fosse accaduto in quella giornata, anche se la presenza della croce e l’indicazione dell’età vicino ai nomi dei due ragazzi fa subito pensare ad un evento tragico.

         La curiosità di conoscere i dettagli del fatto è soddisfatta dalla lettura dell’articolo apparso nell’edizione del quotidiano genovese “Il Secolo XIX” di martedì 5 novembre 1946 a pagina 2, intitolato “Due ragazzi uccisi da un torpedone”, sotto l’occhiello “Ieri a Cogoleto”.

         Nel pezzo di cronaca si espone che il giorno precedente ad un torpedone, guidato da un autista di Sanremo, “mentre transitava nei pressi di Villa Bianca, scoppiava una gomma della ruota anteriore destra. L’auto sbandava e investiva due ragazzi che apparivano subito gravemente feriti”.

         Letali furono le conseguenze dell’incidente: Matteo Bianchi “veniva accompagnato nella propria abitazione, dove però decedeva in seguito alle gravi ferite” e Marino Valletta “veniva trasportato urgentemente all’Ospedale locale, dove purtroppo decedeva dopo circa mezz’ora”.

         Da un passaggio dell’articolo citato e da un necrologio apparso su “Il Secolo XIX” del 6 novembre 1946 è possibile avere anche qualche notizia sulle famiglie dei due giovani: per quanto concerne Marino si sa che suo padre era “Capitano e Comandante del presidio di Cogoleto”, mentre riguardo a Matteo si ha contezza che al momento dell’incidente lo piangevano ben nove fratelli, oltre ai genitori, alla nonna e agli zii.

         La lapide quindi ricorda un drammatico e sfortunatissimo incidente, anche perché accaduto in un periodo, quale quello dell’immediato dopoguerra, in cui i mezzi in circolazione sulle strade non erano sicuramente meno numerosi rispetto ad oggi.

 

 

 

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