Curiosando tra antiche sentenze genovesi
ZUCCHERO, LIMONI E CAPPELLI DI PAGLIA DI FIRENZE
(Sentenza del 21 agosto1862)
PROTAGONISTI
Vittorio V., di anni 14, nato e dimorante in Genova al Lagaccio, casa Bianchetti, garzone parrucchiere
Giuseppe N., di anni 18, nato e dimorante in Genova sul piano di Sant’Andrea, lavorante parrucchiere
Giuseppe Cavagna, titolare di magazzino
Nicola Cenco, proprietario di magazzino
LUOGO
Genova, palazzo Zerbino
REATO
Furto
DATA
Giugno 1862
La vicenda in oggetto vede protagonisti due ragazzi di nome Vittorio V. e Giuseppe N., rispettivamente di 14 e 18 anni, entrambi giovani parrucchieri (più esattamente, il primo era qualificato come “garzone parrucchiere” ed il secondo come “lavorante parrucchiere”).
I capi di accusa mossi nei loro confronti erano i seguenti: “1° Di furto di un chilogrammo e mezzo di zucchero e cento due limoni del complessivo valore di lire cinque e centesimi sedici, commesso addì 29 giugno e nei giorni precedenti a pregiudizio ed in un magazzino condotto da Giuseppe Lavagna situato in questa città nel palazzo Zerbini, in via medesima. Reato previsto dall’art. 622 del Codice Penale. 2° Di furto di due cappelli di paglia di Firenze, del valore ciascuno di lire tre, commesso sui primi di giugno del corrente anno a pregiudizio di Nicola Cuneo nel magazzino situato nella località di cui sopra. Reato previsto dall’art. 622 del Codice Penale”
Secondo la sentenza pronunciata dalla Sezione Correzionale del Tribunale del Circondario di Genova, le risultanze di causa avrebbero confermato la sussistenza dei fatti contestati ai due imputati, essendo stato “accertato come nei giorni antecedenti al 29 scorso giugno V. Vittorio e N. Giuseppe sarebbersi introdotti nei magazzini di Nicola Cuneo e di Giuseppe Cavagna ed avrebbero rubato al primo due cappelli di paglia del valore di lire sei ed al secondo quantità di limoni e di zucchero del valore di lire quattro e centesimi novantasei”.
Il Tribunale, valutata l’età degli imputati compresa tra 14 e 18 anni e lo stato di contumacia di Vittorio V. (Giuseppe N. ed il suo difensore erano stati invece sentiti nel corso del procedimento), in data 21 agosto 1862 dichiarava entrambi gli imputati responsabili del reato loro ascritto e li condannava alla pena di un mese di carcere ciascuno con pagamento di indennità e spese; inoltre disponeva la restituzione alla parte lesa del cappello sequestrato.
A prima vista, usando il linguaggio di oggi, il fatto potrebbe essere qualificato come una semplice “ragazzata”, considerato il valore della merce sottratta, che appare oggettivamente modesto; non si può peraltro escludere la volontà una finalità più strettamente patrimoniale: essi potrebbero essersi introdotti nel magazzino allo scopo di “raccattare” qualcosa, magari con la speranza di sottrarsi almeno in parte alla condizione di povertà nella quale forse si trovavano.
Tale ultima ipotesi sarebbe suffragata dall’attività esercitata in particolare dal più giovane dei due, Vittorio V.: egli, come detto in precedenza, a soli quattordici anni di età si trovava già a svolgere la professione di parrucchiere, sia pure come “garzone”; non si può escludere che il precoce inserimento lavorativo sia stato dettato da una precaria situazione economica, tale da non permettergli la prosecuzione degli studi (come succedeva frequentemente anche per altri ragazzi all’epoca dei fatti).
La descrizione dei fatti contenuta nella sentenza non consente peraltro di verificare con certezza le motivazioni che hanno spinto i due ragazzi a compiere il comunque censurabile gesto.
Fonte:
Archivio di Stato di Genova, Sentenze del Tribunale Penale di Genova, 1