Guardando un giocoliere in Piazza Nuova

 

Piccoli Imputati

Curiosando tra antiche sentenze genovesi

 

 

 

 

 

GUARDANDO UN GIOCOLIERE IN PIAZZA NUOVA

 

 

 

(Sentenza del 16 settembre 1862)

 

 

 

PROTAGONISTI

Antonio A., 19 anni, nativo di Genova e abitante al Lagaccio, lavorante ferraio

Gio’ Batta C. detto “Maineto”, 13 anni, nativo di Genova, calzolaio

Biagio Cavallero

Domenico Vassallo

 

LUOGHI

Genova, Piazza Nuova (attuale Piazza Matteotti)

Genova, Salita Santa Caterina

 

REATO

Furto con destrezza

 

DATA

17 agosto 1862

 

         I protagonisti della vicenda sono Antonio A. di 19 anni e Gio’ Batta C. di 13 anni, rispettivamente lavorante ferraio e calzolaio, i quali si sono resi responsabili di un’azione che oggi si potrebbe definire come “borseggio”; il fatto è descritto con particolare efficacia nel capo di imputazione mosso dalla Sezione Prima del Tribunale del Circondario di Genova, che aveva contestato nei loro confronti il “furto semplice di un portamonete del peritato valore di lire tre con entro un marengo, un mezzo marengo, due pezze da quaranta centesimi e sessanta centesimi commesso con destrezza sulla persona di Biagio Cavallero il 17 agosto 1862 in Genova, sottraendoglielo dalla tasca mentre erasi fermato in Piazza Nuova ad osservare un giocoliere”.

         Inoltre a Gio’ Batta C. era stato contestato il “furto semplice di un fazzoletto di seta valutato lire due, commesso lo stesso giorno e dopo che era riuscito a farsi rilasciare dal Cavallero, sottraendolo con destrezza in via Santa Caterina in Genova dalle tasche di Domenico Vassallo che ivi transitava

         Secondo il Tribunale, dalle risultanze di causa era emerso quanto segue: “può stabilirsi con pieno fondamento di ragione che il complesso delle circostanze preindicate avrebbero pienamente chiarito che gli stessi A. e C. si resero autori del furto con destrezza di un portamonete contenente oltre a lire 30, sul dosso di Biagio Cavallero mentre nel giorno 17 agosto erasi soffermato in questa Piazza Nuova ad osservare un giocoliere, e devesi del pari riconoscere accertato che l’inquisito C. poche ore dopo commesse egualmente con destrezza il furto di un fazzoletto foulard sul dosso di Domenico Vassallo mentre transitava dalla salita Santa Caterina

         Il Tribunale - valutato il fatto che entrambi gli imputati erano già stati condannati per titolo di furto e che nei confronti di Gio’ Batta C., come detto di soli anni tredici, era già stata in precedenza raggiunta la prova del suo pieno discernimento - in data 16 settembre 1862 emetteva la seguente decisione: “condanna A. Antonio nella pena di diciotto mesi di carcere, G.B. C. in quella di otto mesi di custodia, all’indennità che di ragione e spese del processo. Manda a restituire anche non ostante appello al derubato Vassallo il fazzoletto di sua proprietà costituente corpo di reato, purché prometta rappresentarlo in caso di richiesta”.

         La già rilevata efficacia della descrizione dei fatti contenuta nel capo di imputazione, in particolare con riguardo al primo dei due furti, consente di ricostruire così bene la vicenda al punto da sembrare quasi di vedere la curiosa scenetta, con i due ragazzi che sfilano il portamonete dal malcapitato – e soprattutto distratto dai numeri del giocoliere – Biagio Cavallero.

         Teatro dell’episodio è Piazza Nuova, l’odierna Piazza Matteotti, proprio laddove aveva sede il Tribunale all’epoca: ciò probabilmente spiega il motivo per cui il luogo dei fatti viene descritto nella sentenza come “questa Piazza Nuova”.

         Curiose sono anche le circostanze del furto con destrezza avvenuto in Salita Santa Caterina ai danni del passante Domenico Vassallo, compiuto dal solo Gio’ Batta C.

         A proposito di quest’ultimo personaggio, non si può fare a meno di rilevare il suo particolare “attivismo” a soli tredici anni di età egli aveva alle spalle una già rispettabile carriera criminale, in quanto nella vicenda in oggetto era almeno alla terza condanna, come si evince dal plurale usato dal Tribunale di Genova nel fare riferimento a “precedenti sentenze di condanna”.

         La particolare “vivacità” del ragazzo è confermata da quel passaggio della sentenza che mette in evidenza il contegno usato nella perpetrazione del reato e la “sagacia delle sue risposte”: tali elementi hanno indotto il Tribunale a ritenere provato il suo pieno discernimento e quindi a condannarlo; per inciso, si osserva che il Codice Penale allora vigente prevedeva la punibilità per i soggetti di età minore degli anni quattordici solo in caso di accertamento del pieno discernimento (a differenza del codice penale attuale che esclude in modo assoluto l’imputabilità per i minori di quattordici anni).

         L’accentuata propensione al crimine di Gio’ Batta C. trova un’ulteriore dimostrazione nella concatenazione dei fatti oggetto della sentenza: come si è visto, egli non si è accontentato del furto perpetrato in Piazza Nuova insieme al complice Antonio A., ma poche ore dopo ed a pochi metri di distanza ha compiuto, questa volta in solitudine, un altro reato del tutto simile.

         Insomma, doveva trattarsi di un ragazzino davvero terribile!

         Più in generale, la vicenda dimostra che anche nella Genova di quegli anni non era garantita la sicurezza assoluta; nelle pubbliche vie occorreva agire con una certa circospezione e prestare sempre attenzione per non rimanere vittima di borseggi e furti, esattamente come avviene ai giorni nostri.

 

 

 

 

Fonte:

Archivio di Stato di Genova, Sentenze del Tribunale Penale di Genova, 1

 

 

 

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